Anna Magnani, l’onorevole Angelina

Il 26 settembre 1973 moriva a Roma Anna Magnani. Nata ad Alessandria d’Egitto nel 1908, aveva calcato i palcoscenici di prosa dal 1929 ed era sullo schermo dal 1934 (quando esordì anche nel teatro di rivista), cominciando ad affermarsi durante la guerra al fianco di Totò negli spettacoli di Galdieri e con le interpretazioni di Anna Christie (1945-1946) e di Maya.

Il suo eccezionale temperamento trovò modo di imporsi specialmente nel cinema; dopo le gustose caratterizzazioni di Teresa Venerdì di  De Sica del 1941 e di Campo de’ fiori del 1943, fu memorabile protagonista di Roma, città aperta di Rossellini del 1945, con cui si meritò il primo dei cinque Nastri d’argento che illuminarono viepiù la sua sfolgorante carriera: L’onorevole Angelina di Zampa del 1947, Amore di Rossellini del 1948, Bellissima di Visconti del 1951, Suor Letizia di Camerini, 1956).

Soprattutto il primo dei film “argentati”, L’onorevole Angelina, ad essere di un’attualità sconvolgente tanto da rappresentare, più di sessant’anni fa, una triste metafora della moderna società in cui fortune costruite su incarichi politici si dimostrano sempre più castelli di carta vacui di ogni concretezza ed esponendo al pubblico ludibrio chi vi aveva fatto affidamento. In esso si narra infatti la storia di Angelina una “borgatara” di Pietralata che con il suo temperamento esuberante e l’innata vocazione di capopopolo diventa una paladina della povera gente e comincia a combattere gli speculatori della borsa nera riuscendo ad ottenere la distribuzione della pasta, la fornitura dell’acqua ed altre piccole comodità in favore della comunità del quartiere. Le donne del quartiere vorrebbero Angelina come onorevole alla Camera dei Deputati, ma questa si rende conto di essere stata manipolata e nel quartiere viene contestata ed ingiuriata: decide così di allontanarsi per sempre dal mondo delle facili promesse e delle grandi illusioni politiche di rifiutare d’ora in poi ogni incarico politico e torna a fare la donna di casa vicino a suo marito e alla sua famiglia.

Altra sferzante allegoria della società dell’apparire aggrappata più all’apparire che all’essere, è il film Bellissima in cui una mamma cerca di sfruttare il bel visino della sua piccola bimba facendola partecipare a concorsi e sfilate, fidando sul fatto che quello sia l’unico modo per emergere dall’anonimato e capace di garantire un bel po’ di soldini. Non è forse questo un profetico allarme sugli sfasci dell’odierna società del grande fratello e di tutti gli odierni reality show?

Oltre ai suoi film italiani (Il bandito di Lattuada del 1946; Assunta Spina di Mattoli con Eduardo De Filippo; Vulcano di Dieterle; Siamo donne [episodio di Visconti] del  1953; Nella città l’inferno di Castellani, 1958), lavorò in Francia (La carrozza d’oro di Renoir del 1952) e a Hollywood (La rosa tatuata di Mann del 1955, con cui vinse un premio Oscar, con l’interpretazione di Serafina Delle Rose è stata la prima interprete italiana nella storia degli Academy Awards a vincere il Premio Oscar come migliore attrice protagonista; Selvaggio è il vento di Cukor del 1958; Pelle di serpente di Lumet del 1959).

Dopo un periodo di inattività, tornò nel 1965 al teatro con La lupa di Giovanni Verga, con la regia di Zeffirelli, e al cinema nel 1968 con Il segreto di Santa Vittoria di Kramer. Fece ancora una breve apparizione simbolica in Roma di Fellini del 1972. Alla TV recitò nei telefilm La sciantosa, in Un incontro e L’automobile.

Non c’è che dire il cinema di Anna Magnani, così come quelli di Alberto Sordi, Aldo Fabrizi, romani anch’essi, e gran parte degli interpreti di quegli anni, era pieno zeppo di contenuti che vanno al di là di semplici lungometraggi.

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