Genocidio armeno: vero GENOCIDIO non semplice deportazione

La cronaca spesso corre più veloce delle ricorrenze storiche e costringe a precorrere tempi già programmati. Ieri nella basilica di San Pietro papa Francesco ha definito quello che colpì il popolo armeno esattamente un secolo fa il «Primo genocidio del ventesimo secolo».

Ma a cosa si riferiva?

Nel periodo precedente la I Guerra Mondiale nell’impero Ottomano si era affermato il governo dei «Giovani Turchi»; essi temevano che gli abitanti dell’Armenia, una regione anatolica pressoché montuosa e adesso indipendente, potessero allearsi coi russi, nemici giurati del loro regime. Dopo il massacro del 1894 ad opera di turchi-ottomani in cui persero la vita 50.000 armeni, nel 1909 ci fu un nuovo sterminio di almeno 30.000 persone nella regione della Cilicia.

Scoppiata la Grande Guerra per evitare il nascere di alleanze con i russi e focolai di ribellione interna pro-repubblica, il governo soffocò nel sangue ogni dissenso e nella notte tra il 23 e il 24 aprile 1915 vennero eseguiti i primi arresti tra l’élite armena di Costantinopoli. L’operazione continuò l’indomani e nei giorni seguenti e in un solo mese, più di mille intellettuali armeni, tra cui giornalisti, scrittori, poeti e perfino delegati al Parlamento furono deportati verso l’interno dell’Anatolia e massacrati lungo la strada.

 

In seguito alla Rivoluzione d’ottobre, nel 1917, i Russi abbandonarono i territori armeni, che furono integrati in una federazione transcaucasica e, quando questa si sciolse, l’Armenia divenne una repubblica indipendente (28 maggio 1918) riconosciuta col trattato di Sèvres (10 agosto 1920).

A questi massacri dovette ispirarsi anche Hitler nella Shoah (lo sterminio degli ebrei).

Dopo gli avvenimenti che seguirono alla prima guerra mondiale, la quasi totalità degli Armeni fu costretta ad abbandonare il paese. In parte essi trovarono rifugio nell’URSS, dove fondarono la repubblica federata dell’Armenia, divenuta indipendente nel 1991; la maggior parte emigrò però nei vari paesi dell’Europa occidentale e nell’America del Nord.

A un secolo di distanza, il governo turco ancora non riconosce ancora il genocidio tanto è vero che al solo sentir pronunciare dal Papa quella parola, ha deciso di convocare il nunzio apostolico, ovvero l’ambasciatore del Vaticano, mentre l’ambasciata turca presso la Santa Sede ha cancellato una conferenza stampa programmata per domenica. Per la Turchia quelle morti non rappresentano un genocidio ma l’effetto di una semplice deportazione, affermando inoltre che la conta dei morti è gonfiata e che molti di coloro che furono uccisi erano in realtà vittime partigiane. Del resto anche Adolf Hitler disse: «Tra qualche decennio più nessuno si ricorderà degli ebrei».

Il Pontefice ha stretti legami con la comunità armena fin da prima della sua elezione, e ha detto che è suo dovere onorare la memoria di coloro che furono uccisi senza alcun senso: secondo papa Francesco «Nascondere o negare il male è come permettere ad una ferita di continuare a sanguinare senza medicarla». Anche san Giovanni Paolo II usò quella parola in un documento del 2000 ma non la pronunciò mai apertamente.

Se la Turchia vuole riscrivere la storia ci provi pure, liberissima di farlo, ma non pretenda di imporre la sua visione oscurantista anche agli altri!

 

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