Il bullismo non è più un gioco tra ragazzi: lo dice la Cassazione

Condannati quattro ex-studenti campani che avevano commesso atti persecutori nei confronti di un loro compagno di scuola. che aveva subito violenze per due anni ed era rimasto talmente scioccato da rinunciare a ribellarsi e denunciare per paura di subire altri maltrattamenti. Tutto gli costò un ricovero all’ospedale per lesioni a un occhio e il trasferimento, in Piemonte, da Caserta, provincia di residenza.

Ora la Cassazione ha messo la parola fine a queste peripezie dichiarando, o meglio confermando il primo verdetto del tribunale minorile di Napoli, che aveva dichiarato colpevoli i suoi aguzzini, quattro ex-compagni di scuola dell’istituto professionale Manfredi Bosco di Alife nel Casertano per le violenze commesse nel 2009, e condannandoli in via definitiva a dieci mesi di carcere.

E.P. frequentava il primo anno e le sue dichiarazioni, ricorda la Cassazione, sono state «ritenute solidamente corroborate proprio dal filmato» di uno degli episodi persecutori, realizzato con il cellulare da uno dei ragazzi che partecipava alle violenze ai danni del compagno di scuola, e postato sui social network: voleva essere un ulteriore atto di umiliazione e invece è risultata la prova schiacciante per inchiodare gli imputati, Giuseppe Comparone, Antonio Faraone, Crescenzo Musto, Emiliano Raucci, nel frattempo divenuti maggiorenni e tutti originari di Piedimonte Matese (Caserta).

Nemmeno la scuola fa una bella figura: nel loro verdetto – sentenza 28623 depositato oggi, udienza svoltasi il 27 aprile – i giudici della Quinta sezione penale della Suprema Corte concorda con i giudici della Corte di Appello per i minorenni di Napoli che avevano puntato il dito anche contro «il clima di connivenza e l’insipienza di quanti, dovendo vigilare sul funzionamento dell’istituzione, non si accorsero di nulla».

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