Telemaco Trabucco: dottore, patriota e Sindaco

A pochi giorni dalla scadenza dei termini per la presentazione delle liste per le consultazioni del prossimo 5 giugno, elezioni che porteranno alla scelta del prossimo Sindaco di Carinola, ci piace ricordare una delle personalità che più ha dato lustro al nostro paese e all’intero comune di Carinola, ne fu, infatti, Sindaco appena dopo l’Unità d’Italia e solo per lasciarci un piccolo margine di sicurezza non diciamo con assoluta certezza che fu il primo “Primo Cittadino di Carinola” nell’Italia unita, ma sicuramente lo fu negli anni che vanno dal 1863 al 1870; contribuì infine in maniera non trascurabile alla riuscita della Spedizione dei Mille e quindi all’Unità d’Italia, avendo partecipato al fianco dell’Eroe dei Due Mondi Giuseppe Garibaldi alla Battaglia del Volturno, una delle tappe determinanti per la caduta del Regno Borbonico.

Stiamo parlando del dottor Telemaco Trabucco nato nel 1822 e morto l’11 dicembre del 1898 a Casale di Carinola, e appartenente a una delle famiglie più in vista del nostro paese, era infatti fratello del canonico Stanislao, cui negli anni scorsi è stata dedicata una lapide commemorativa nella chiesa madre di Casale, e bisnonno del dottor Ermanno, medico chirurgo di fama internazionale scomparso da poco più di un anno, ed inventore del Metodo Trabucco per l’operazione dell’ernia, metodo usato in quasi tutti i reparti di chirurgia del mondo.

Dottor Telemaco Trabucco, uno dei primi Sindaci di Carinola
Dottor Telemaco Trabucco, uno dei primi Sindaci di Carinola

Telemaco nacque a Casale di Carinola nel 1822, si laureò in Medicina all’Università di Napoli all’età di 22 anni, nel 1844, si sposò ed ebbe due figli e, seguendo le orme paterne, esercitò la professione di medico nel suo paese fino al giorno della morte. Telemaco Trabucco era uno dei pochi medici della zona e, oltre a curare la popolazione di Casale, si occupò anche di quella dei paesi limitrofi specie durante la tristemente nota epidemia di colera degli anni ’80 (si parla ovviamente del 1800), che uccise migliaia di persone in tutta Europa.

Durante gli anni degli studi universitari, Telemaco era diventato membro dei Carbonari, e successivamente della Giovine Italia, diretta emanazione della stessa società segreta cui però poteva accedere solo chi aveva meno di quarant’anni. Negli anni ’50 fu a capo di un gruppo di sovversivi che cospiravano contro il Regno delle Due Sicilie, e perciò rischiò la vita più volte visto che era costantemente nel mirino della Gendarmeria Reale, una sorta di servizio segreto di re Ferdinando II delle Due Sicilie.

Telemaco, proprio come Garibaldi ma ancor di più Mazzini, era un ardente e convinto repubblicano, ma nonostante ciò in quel momento storico si rese conto che la scelta migliore da compiere per favorire l’Unità d’Italia era la monarchia e quindi si adattò a quel compromesso. Anche Garibaldi lo fece, al contrario di Mazzini che invece non volle e perciò è sempre stato considerato un rivoluzionario sui generis, un idealista, una sorta di filosofo per niente pragmatico.

Nell’ottobre del 1860, insieme al suo piccolo reggimento di circa cento uomini, incontrò Garibaldi a Capua, sulle sponde del fiume Volturno: solo poche settimane prima (il 7 settembre) l’Eroe dei Due Mondi era entrato trionfalmente a Napoli dopo che la città era stata abbandonata da Francesco II  (“Franceschiello”). Telemaco partecipò a una breve battaglia contro quel che rimaneva dell’esercito del Regno delle Due Sicilie e successivamente seguì Garibaldi a Caianello: fu proprio in queste terre, a pochi chilometri da noi, che avvenne lo “Storico Incontro” con Vittorio Emanuele, il 26 ottobre del 1860. Telemaco probabilmente assistette alle “scaramucce” tra gli eserciti di Garibaldi e di Vittorio Emanuele e quello del Regno delle Due Sicilie, ricordate da una lapide situata a San Giuliano di Teano.

Qualche anno dopo fu eletto sindaco di Carinola. Più tardi, Umberto I di Savoia lo nominò Cavaliere della Corona d’Italia (decorazione di Cavaliere del Regno d’Italia), per i suoi meriti nella lotta contro il regime borbonico e per aver contribuito all’Unità. Alla sua morte, avvenuta l’11 dicembre del 1898 all’età di 77 anni, un corteo lo accompagnò nel suo ultimo viaggio insieme alla banda del paese che suonò lungo tutto il tragitto l’inno di Garibaldi.

 

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