Bettino Craxi, un politico spartiacque

19 gennaio 2000-19 gennaio 2020, Benedetto Craxi, detto Bettino, scompare venti anni fa: forse è stato l’ultimo grande politico che l’Italia abbia avuto, per lui qualcuno ha scomodato addirittura il termine statista uno di quegli epiteti riservato a pochi cavalli di razza, altra locuzione molto in voga tempo fa, della politica di una volta, Alcide De Gasperi era uno di questi per esempio.

In realtà, però, la vicenda politica di Craxi si concluse di fatto la sera del 30 aprile del 1993, quasi 26 anni fa ormai. Poche ore prima, la Camera aveva respinto quattro delle sei autorizzazioni a procedere per corruzione e ricettazione che la magistratura aveva richiesto contro di lui. Quelli che portavano al segretario del PSI erano tra i filoni più importanti dell’inchiesta Mani Pulite, cominciata dieci mesi prima a Milano con l’arresto per corruzione di un altro dirigente socialista, Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio, un istituto di assistenza agli anziani.

Il sistema, quindi, si avviava a un cambiamento epocale. Nella primavera del 1993 la situazione politica era questa: il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro aveva promosso la formazione di un governo tecnico, il primo presieduto da un non parlamentare, l’ex governatore della Banca d’Italia Carlo Azeglio Ciampi. Il governo si era presentato alla Camera il 29 aprile per ricevere la fiducia. In quello stesso giorno era arrivata al suo punto culminante un’altra vicenda fondamentale di quei mesi: la Camera doveva votare sulla richiesta di autorizzazione a procedere contro Bettino Craxi nell’ambito di sei inchieste diverse.

All’epoca, per poter procedere penalmente contro un parlamentare, i magistrati avevano bisogno di richiederne l’autorizzazione alla camera di appartenenza. Craxi prese la parola per difendersi e convincere i suoi colleghi a respingere le richieste di procedere contro di lui. Fu probabilmente il suo discorso più famoso, quello in cui ammise il finanziamento illecito al Partito Socialista, in cui affermò che tutti i partiti avevano fatto la stessa cosa (“Se qualcuno in quest’aula può smentirmi e affermare il contrario, si alzi e dica LO GIURO!”), ma comunque negò ogni accusa di arricchimento personale.

Quando arrivò il momento di votare, quattro autorizzazioni su sei furono respinte: una mezza vittoria per Craxi. Quella sera Craxi tornò all’Hotel Raphael e ricevette un gruppo di amici venuti a congratularsi per il risultato della giornata. Tra loro c’era anche l’imprenditore Silvio Berlusconi, i cui giornali e televisioni erano tra i principali sostenitori dell’inchiesta Mani Pulite, anche se lui personalmente rimaneva amico di Craxi. Nonostante tutto Craxi, che quel giorno pensava di aver segnato un punto a suo favore, iniziò ad accorgersi che la situazione gli stava sfuggendo di mano già nel pomeriggio, quando durante un’intervista al TG3 registrata per strada una motocicletta gli passò vicino e gli occupanti gli urlarono “ladro” così forte che il grido finì registrato nel servizio. Poche ore dopo il lancio delle monetine fu il risultato di una coincidenza sfortunata. Intorno alle 20 Craxi stava uscendo per andare a registrare un’intervista con Giuliano Ferrara su Canale 5, quando il piccolo spiazzo di fronte all’albergo iniziò a riempirsi.

I manifestanti erano lì, in largo Febo la piazzola davanti all’hotel Raphael l’albergo dove abitava quando si trovava a Roma, per contestarlo: consideravano Craxi il simbolo più importante del malcostume e della corruzione diffusa in tutto il paese. Craxi decise che non si sarebbe fatto intimidire ignorando chi gli consigliava di uscire dal retro e scelse di affrontare i contestatori, ma non appena uscì dalla porta partirono prima i cori e poi, quasi subito, una pioggia di oggetti: sassi, sigarette, pezzi di vetro e soprattutto monetine. Chi non lanciava nulla teneva in mano banconote da mille lire e cantava “Bettino vuoi pure queste?”.

La situazione aveva preso una piega molto negativa per il leader socialista. Dopo il voto contro le quattro autorizzazioni a procedere, il PDS, il partito erede del PCI allora guidato da Achille Occhetto, ritirò l’appoggio al governo tecnico e criticò pesantemente i parlamentari che avevano protetto Craxi. La mattina del 30 aprile i giornali in edicola erano altrettanto indignati. Repubblica titolava: “Vergogna, assolto Craxi”. Il suo direttore, Eugenio Scalfari, scrisse: «Dopo l’uccisione di Aldo Moro, è il giorno più grave della storia repubblicana», ma Scalfari si sa non brilla certo per coerenza (ricordiamo la sua militanza nel PSI di cui fu anche Deputato). Gli altri quotidiani non utilizzavano toni più morbidi.

Nonostante tutto però non fu soltanto la vicenda di Craxi a sancire quello che molti hanno definito il passaggio tra la Prima e la Seconda Repubblica. Il biennio 1992-93 fu particolarmente traumatico per l’Italia, sotto molti punti di vista: dalle stragi di Capaci e via d’Amelio, in cui la mafia aveva ucciso i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino (e altri attentati contro civili e monumenti sarebbero stati compiuti nell’estate del 1993), passando per la crisi economica e monetaria che costrinse il governo di allora a compiere il famoso “prelievo notturno” dai conti correnti di tutto il paese. Altrettanto dirompente fu l’inchiesta Mani Pulite della magistratura di Milano, che seguita da molte altre procure indagò su un vasto sistema di finanziamento illecito dei partiti a cui si accompagnavano gli episodi di corruzione più o meno piccola da parte di decine di esponenti politici.

Secondo i molti che raccontarono l’episodio, quella scena non mise fine soltanto alla carriera di Craxi come uomo politico, ma a un’intera stagione politica: i suoi compagni di partito lo abbandonarono, salvo alcuni, e alle elezioni del 1994, quelle vinte da Silvio Berlusconi, Craxi non fu ricandidato. Poco prima che si insediassero le nuove camere, quando sarebbe decaduta la sua immunità parlamentare e sarebbe stato vulnerabile all’arresto, Craxi fuggì in Tunisia dove sarebbe rimasto fino alla morte.

Questa è la ricostruzione storica, sicuramente incompleta e non esaustiva, della vicenda di un politico che seppe dare vero compimento a quella sovranità cui si accenna nell’articolo 1 della nostra Costituzione. Il riferimento è ovviamente all’episodio del 10 – 11 ottobre 1985 quando ci fu uno scontro diplomatico fra l’Italia e gli Stati Uniti d’America a causa del dirottamento del transatlantico Achille Lauro e all’omicidio di un passeggero americano di origine ebrea Leon Klinghoffer da parte di un commando palestinese, con gli statunitensi che pretendevano dall’Italia la consegna del capo terrorista Abu Abbas nonostante l’omicidio fosse stato commesso in territorio italiano (la nave costituisce territorio nazionale). Si badi bene però Sovranità non sovranismo che ne è una malintesa accezione e che, se correttamente applicato da ogni Paese, può risultare deleterio, visto che è un inno all’egoismo: ovvia sarebbe infatti l’affermazione Prima i Tedeschi, Prima i Polacchi, Prima i Belgi, Prima i Polacchi, e così via.

In Italia però la merce più rara è la misura, sembra quasi di assistere a un’affannosa rincorsa agli estremi, al manicheismo per cui una cosa o è bianca o è nera senza alcuna sfumatura che tenga: è vero che Bettino Craxi è stato un gigante politico rispetto ai nani di oggi, ma arrivare quasi a una santificazione politica postura o affermare come fa la figlia Stefania che “è vergognosa l’assenza del Governo Italiano alle celebrazioni in sua memoria ad Hammamet (Tunisia n.d.r.) ci sembra una forzatura dettata dall’ovvio e doveroso amore filiale, perché se è vero che Craxi è stato un protagonista della nostra storia, possiamo ignorare che, lungi dall’essere in esilio per divergenze ideologiche, un antifascista lo era come anche un antinazista magari, era un latitante che non rientrava in Italia per sfuggire alla giustizia del suo Paese? E questo per chi è stato Ministro e Capo del Governo di quella stessa Nazione non è certo onorevole! Qualcun altro addirittura potrebbe obiettare che quando ha impedito che a Sigonella il palestinese Abu Abbas venisse consegnato agli Americani, in pratica ha difeso un assassino: insomma pur riconoscendo la grandezza dell’uomo e la non comune statura del politico, andiamoci piano con le affrettate santificazioni postume!

Bettino Craxi è un personaggio talmente grande e complesso che difficilmente lo si può circoscrivere in un’unica definizione e probabilmente le discussioni intorno alle varie sfaccettature della sua poliedrica figura andranno avanti ancora per molti decenni.

2 thoughts on “Bettino Craxi, un politico spartiacque

  1. Anonymous

    prendi una bilancia, dà una parte Craxi, dall’altra l’intera classe politica italiana, secondo voi da che parte penderà la bilancia?

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  2. Anonymous

    Caro Novelio,
    fai bene a dedicare un post per ricordare la scomparsa di Bettino Craxi.
    E’ stato un socialista come Pertini e tanti altri che non scomodiamo per dovere di sintesi.
    E’ stato un socialista riformista e decisionista. E’ stato pertanto un personaggio scomodo.
    La sua storia politica e personale incrocia uno scenario mondiale di profondo mutamento.
    Difficile anche a tanti anni di distanza farsi un’idea se non si ricorda che pochi anni prima del suo avvento alla PDCM è caduto il muro di Berlino e con esso uno schema internazionale di potere che cristallizzava blocchi, governi, economie. E soprattutto se non si ha consapevolezza che l’Italia prima della caduta del muro era la prortaerei dell’America nel mar Mediterraneo a presidio di due frontiere: quella mediorientale e quella con il blocco URSS.
    Quando è implosa l’URSS bisognava si affermasse che il neoliberismo fosse l’unica formula per garantire libertà e democrazia.
    Mal si sopportava che in Italia ci fosse una formula di governo ispirata al socialismo democratico che produceva buoni risultati, visto che a quei tempi eravamo la quarta potenza mondiale.
    E sempre qui in Italia c’era poi il più forte partito comunista d’Europa il PCI, forte di una organizzazione e ramificazione territoriale seconda a nessun altro partito.
    Abbandonata la falce e martello gli eredi del PCI dove doveavano andare?
    Naturalmente nell’area politica già occupata dal PSI che aveva in Bettino Craxi il suo leader indiscusso ed indiscutibile.
    Come sempre in politica i nemici sono sempre i più vicini non i più lontani che hanno una diversa agibilità politica.
    Questi sono i motivi per cui si arrivò alla liquidazione del PSI e del sistema politico della prima repubblica, spalancando le porte però al populismo berlusconiano che è costato all’Italia danni difficilmente recuperabili. L’unico risultato è stato vedere Berlusconi tra i più ricchi del mondo (e non è che ha inventato la coca cola).
    Craxi ha sbagliato? Sicuramente, perchè si è messo contro l’America, perchè cercò di far liberare Aldo Moro (che tutti sapevano dove si trovava -come emerge chiaramente dalla relazione dell’ultima commissione parlamentare d’inchiesta-).
    Tangentopoli è stato poi il più grande flop giudiziario di cui si ha memoria. E’ costatata solo tantissimi miliardi agli italiani. Ha causato la morte di persone innocenti ed è servita solo a qualcuno per diventare una stella cadente nello scenario politico italiano.
    La politica costa oggi come tanti anni fa e avere la disponibilità economica tante volte fa la differenza.
    La Bestia di Salvini costa in un anno 560.000 Euro all’anno, tanto per avere un metro.
    Anche Aldo Moro aveva fondi all’estero che potevano servire al partito.
    Tutta la storiella dei finanziamenti irregolari alla politica è stato un grande strumento di distrazione di massa.
    Poi c’erano quelli che potevano approfittarsi della posizione per deviare fondi? Questo può accadere dappertutto. Ma è un altro discorso.

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