La definitiva resa del nazi-fascismo fu firmata a Caserta il 29 aprile 1945: dopo la disfatta della Wehrmacht sul fronte italiano e dopo che le operazioni sugli altri fronti europei avevano ormai determinato il crollo del Terzo Reich, venne firmata la resa incondizionata della Germania alle Forze Alleate che sarebbe diventata divenne effettiva il 2 maggio. Tale atto sancì la fine della Seconda Guerra Mondiale, almeno riguardo allo scenario europeo.
Al momento della stipula erano presenti il generale Alexander, il generale inglese Morgan ed il generale Von Vienhiagoff, comandante delle truppe tedesche in Italia. I tedeschi, avendo accettato nell’incontro delle ore 21.00 del 28 aprile le condizioni ultimative consegnate da Morgan nel pomeriggio, l’indomani 29 aprile alle ore 14.00 firmarono ufficialmente l’atto di resa. Il documento, controfirmato da Morgan e redatto in inglese e in tedesco, fissava alle ore 12.00 (in Italia alle ore 14.00) del 2 maggio 1945 il cessate il fuoco.
Dopo il crollo della linea gotica Benito Mussolini si era trasferito a Milano (era il 17 aprile 1945), e il 25 aprile cercò vanamente di trattare la resa col Comitato di Liberazione. Fuggito quella notte verso Como con alcuni gerarchi fascisti e aggregatosi successivamente a un’autocolonna tedesca, fu fermato il 27 aprile dai partigiani a Musso e tentò di sottrarsi alla cattura travestendosi da soldato tedesco; riconosciuto, fu trattenuto in stato d’arresto nella vicina Dongo, e fucilato nel pomeriggio del 28 a Giulino di Mezzegra con la sua amante Claretta Petacci, per ordine del CLN. Esecutore della sentenza fu il partigiano comunista “colonnello Valerio” (Walter Audisio). I due cadaveri, insieme a quelli di altri 18 gerarchi e, in seguito, a quello di Achille Starace (già segretario del PNF, arrestato per le strade di Milano mentre faceva jogging e fucilato alla schiena dopo un processo sommario), furono portati a Milano ed esposti a piazzale Loreto come vendetta per l’analogo episodio di nove mesi prima in cui i nazi-fascisti avevano giustiziato ed esposto nel medesimo luogo alla folla come monito quindici partigiani fucilati da militi della RSI per ordine del comando di sicurezza nazista. È brutto dirlo ma chi per anni si è nutrito solo di odio, violenza e ritorsioni, non poteva attendersi un trattamento diverso da chi quelle angherie subiva sulla propria pelle.
A questo punto una domanda s’impone: se la Liberazione d’Italia dal nazi-fascismo fu un processo che non si concretizzò in un solo giorno, e non in quel giorno, perché è questa data ad essere festeggiata?
In realtà la data del 25 aprile 1945 corrisponde alla fine dell’occupazione nazi-fascista di Milano, ripetiamo SOLO A MILANO, anche se poi è divenuta simbolica per tutta la Nazione e dichiarata festa nazionale “a celebrazione della totale liberazione del territorio italiano”. Non era esattamente così, perché altre città furono liberate in seguito, portando a compimento un processo partito da Matera e Napoli nel settembre del 1943, passando per la capitale Roma nel giugno ’44. Venezia fu “liberata” il 28 aprile. Trieste e Gorizia solo il 1° maggio.
Insomma il termine effettivo della guerra, e la resa definitiva delle forze nazi-fasciste, sul territorio italiano c’è stato come abbiamo visto con la Resa di Caserta siglata il 29 aprile 1945 nella reggia vanvitelliana, anch’essa violentemente bombardata da un raid aereo che causò la devastazione della bellissima Cappella Palatina. Lì, proprio nel Real Palazzo borbonico, era stato allocato il Quartier Generale delle Forze Alleate, al comando del generale Harold Alexander. L’atto di resa, firmato dai tedeschi, stabilì il cessate il fuoco su tutto il territorio italiano per le ore 14 del 2 maggio 1945. I dubbi sul rispetto dei patti si dissolsero solo all’alba del 30 aprile, quando giunse la notizia del suicidio di Adolf Hitler nel suo bunker di Berlino.
Sarà un caso (?) ma l’Italia quale data festeggia simbolicamente? Non quella delle firme meridionali di Caserta, non quella delle ultime città “liberate” del Nord-Est, che per il Nord-Ovest all’epoca valeva quanto il Sud, ma quella di Milano, emblema del triangolo industriale Milano-Genova-Torino: chiunque animato da un po’ di vis polemica griderebbe al solito, becero episodio di razzismo, economico stavolta, ma scopo di questo scritto è solo quello di ricordare la corretta successione degli eventi storici, anche perché nell’Italia di “prima il Nord” qualcuno, non potendo obiettivamente capovolgerli, potrebbe compiacersi nel vederli obnubilati o addirittura dimenticati.