Il casalese Giuseppe Martucci, ardito tra gli Arditi, Medaglia d’Argento al Valor Militare

“MARTUCCI Giuseppe, soldato 16o reparto assalto 33a divisione, n. 300 matricola. –  Irrompeva, primo, nelle linee nemiche, e, ritto, sul parapetto di una trincea, da cui l’avversario opponeva accanita resistenza, a colpi di petardo costringeva i difensori alla resa. Slanciatosi, quindi, contro un gruppo di nemici, li disperdeva, incuorando i compagni al grido di «Viva il Re, Viva l’Italia!». – Monte Val Bella, 29 gennaio 1918”: quella che avete appena letto è la motivazione della Medaglia d’Argento al Valor Militare con cui fu decorato il caporale Giuseppe MARTUCCI nel 1919 presso la reggia di Caserta da re Vittorio Emanuele III in persona.

Il caporale Giuseppe MARTUCCI era nato nel 1895 e durante la I Guerra Mondiale – mentre già era al fronte – si arruolò nel corpo degli Arditi – l’arruolamento era volontario- , una vera e propria squadra speciale d’assalto fondata il 29 luglio 1917, nel pieno della Grande Guerra quindi, e nata dalla necessità di dare una netta sterzata a quella stasi e a quell’inutile massacro provocato dalla vita di trincea che aveva stancato i combattenti italiani. Gli Arditi erano costituiti da soldati dotati di smisurato coraggio, solo i giovani più ardimentosi ne facevano parte, giovani che provenivano soprattutto dagli Alpini, dai Bersaglieri e dalla Fanteria: costituivano il vanto del Regio Esercito e rappresentavano le prime unità professionali dell’esercito italiano essendo antesignani degli attuali corpi d’élite delle odierne Forze Armate. L’addestramento era durissimo, basti pensare che nelle simulazioni s’impiegavano munizioni vere, non a salve. Gli audaci colpi di mano condotti dagli Arditi diffusero, mano a mano, la coscienza in tutti i soldati italiani che le nostre truppe fossero superiori a quelle del nemico, e il maresciallo Armando Diaz, chiamato nel novembre del 1917 a sostituire Luigi Cadorna nella carica di capo di Stato Maggiore dell’esercito italiano, ben conosceva l’importanza del morale dei suoi uomini.

La mortalità nelle file di questi soldati fu altissima, ma il loro sacrificio contribuì a far vincere la guerra all’Italia.  

L’iconografia “macabra” degli Arditi, teschi d’argento, fiamme nere, pugnale fra i denti, fu ampiamente ripresa durante il Ventennio (la Storia insegna che tutti i Regimi esaltano la forza, la virilità e il coraggio nazionale, quasi fosse connaturato alla tessera di Partito). Il Fascismo ne tentò la ricostituzione, anche se c’è da dire che con il suo l’avvento, i reduci si divisero tra fascisti e antifascisti.

L’azione che ha innalzato nel cielo degli Eroi il caporale Giuseppe MARTUCCI, risale al 29 gennaio 1918 quando salvò il suo comandante di campo capitano Vincenzo MORIELLO durante la battaglia dei Tre Monti, sull’altopiano vicentino, in quella che, probabilmente, fu la più grande battaglia d’artiglieria campale della I Guerra Mondiale, e da solo catturò anche ben 15 soldati austriaci, bloccati probabilmente grazie all’ausilio di una delle prime mitragliatrici leggere, le Fiat Revelli “Villar Perosa” (primo mitra al mondo, di creazione italiana) in dotazione agli Arditi.

Al cospetto di Sua Maestà il caporale Giuseppe Martucci si presentò in abiti borghesi, da lavoro quasi, niente di particolarmente elegante, ed essendo un tipo burbero, ruvido magari, ciò gli conferiva un aspetto quasi minaccioso che intimorì alquanto Vittorio Emanuele III che però si rendeva conto di quanto bene avesse fatto alla Nazione gente come lui: di fronte alle reiterate offerte del Re, il caporale Giuseppe Martucci ripeteva di volere soltanto il bene della Patria e rifiutare ogni prebenda, ma ciononostante gli venne assegnata una pensione di lire 5 mensili.

Da allora il caporale Giuseppe MARTUCCI fino alla data della morte avvenuta nel 1968 fu sempre, fin quando le sue condizioni di salute glielo permisero, il portabandiera del corteo del 4 novembre che annualmente si svolge a Casale a ricordo della vittoria italiana nel I Conflitto Mondiale. Alla morte avvenuta nel maggio del 1968, ebbe l’onore di un funerale solenne anche grazie alla stima di Ferdinando Maina, Sindaco casalese del comune di Carinola dal 1964, e di Silvio Imparato, anch’egli casalese Sindaco di Carinola dal 1970 fino alla morte avvenuta nemmeno un anno dopo.

Giuseppe Martucci e la moglie Giovanna Feola presso la loro abitazione nel quartiere casalese dei “Vignai”, anni ’50

In occasione dell’approssimarsi del 4 Novembre, Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, e del corteo, ci piace ricordare la figura di chi incarnava al meglio quel periodo e che lo ha onorato mettendo a rischio la propria vita. Per farlo abbiamo chiesto notizie alla gentilissima Geppina Ruosi, sua nipote diretta che vive con il fratello Enzo, che nel fornircele ci ha detto che sua volontà sarebbe stata donare la Medaglia d’Argento e l’attestato firmato da S. M. Vittorio Emanuele III, materiale non più in suo possesso perché tramandati ad altri familiari, al comune di Carinola affinché custodisse al meglio la memoria di uno dei tanti eroi figli delle nostre terre: speriamo che il nostro Ente Comunale sappia apprezzare al meglio tale sensibilità tenendo presente il caporale Giuseppe Martucci per la toponomastica casalese.

Già la toponomastica, questa sconosciuta, spesso trascurata e vituperata al punto da rendere difficilmente attuabili modifiche già esteticamente effettuate ma sostanzialmente inefficaci; un esempio? Piazzetta Deportati: non si capisce perché dopo la cerimonia d’inaugurazione e l’apposita Delibera di Giunta ancora si fatichi a reperire traccia ufficiale di questa nuova denominazione… ma questa è un’altra storia, per adesso non togliamo spazio agli onori che merita la memoria di Giuseppe Martucci, ardito tra gli Arditi, storico portabandiera del corteo casalese del 4 novembre degli anni che furono.

 

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