Revenge porn?!? Ma scherziamo? Si dica pornovendetta

In principio era il Ministero del Welfare, poi venne il cosiddetto SMS style dei cellulari, forse l’unico che aveva una certa giustificazione nell’esigenza di abbreviazione per l’onnipresente fretta imposta dai ritmi odierni. A cascata e senza ritegno alcuno si è continuato con Jobs act, Endorsement, Outing, Stepchild adoption, a completare un elenco di cui è impossibile tenere un conto preciso ma che sicuramente riserva alla politica, quella con la “P” minuscola, e agli operatori dell’informazione un poco invidiabile primato: quello del provincialismo.

È quasi come se l’italiano, inteso come cittadino del Bel Paese, avesse paura di una propria inferiorità intellettuale verso i Paesi d’Oltreconfine, e cercasse di mettersi in pari rispolverando le proprie conoscenze: “scarse”, “inadeguate”, “insufficienti”, “manchevoli” decidetelo voi, ma sicuramente fuori luogo, almeno in certi contesti.

Sono anni che questa vera e propria mania di chi assurge a posizioni di potere ha di voler a tutti i costi dimostrare la propria erudizione, ma adesso con l’approvazione della legge sulla diffusione di immagini sessualmente esplicite chiamata pomposamente revenge porn e non con l’italianissimo pornovendetta, come se la nostra bellissima lingua di Dante fosse una sorta di insopportabile diminutio per l’importanza della legge, anche l’Accademia della Crusca ha sentito l’esigenza di emettere questo comunicato stampa in proposito:

Firenze, Accademia della Crusca, 4 aprile 2019

Con 461 voti a favore e nessuno contrario, la Camera dei Deputati, nell’ambito dell’esame del disegno di legge recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere (C. 1455-A e abb.)”, ha approvato l’emendamento che introduce l’art. 612-ter c.p., “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”.

Dobbiamo complimentarci con il legislatore che, nella stesura della norma, ha utilizzato parole italiane, organizzate in un testo chiaro e trasparente. Non possiamo allo stesso modo complimentarci con una parte dei commentatori, i quali perseverano, presentando i contenuti della nuova legge, nell’usare forestierismi opachi, senz’altro meno chiari della normativa ufficiale: anche nella discussione parlamentare in aula molti degli oratori e delle oratrici, per illustrare l’opportunità della norma, hanno fatto sfoggio dei termini sextingrevenge pornslut shaming.

Per fortuna, come abbiamo detto, la stesura materiale dell’emendamento non si avvale di questi forestierismi, ma la stampa e i media, creando non poca confusione, presentano talora l’esito legislativo come la norma sul revenge porn, anche se l’espressione, come abbiamo detto, non ricorre affatto nella legge.

Spesso revenge porn viene affiancato all’equivalente italiano, che esiste, ed è “pornovendetta”. “Pornovendetta” ha già largo corso sui giornali e nella Rete, e noi suggeriamo di adottare la forma univerbata, più specifica rispetto alla grafia “porno vendetta”. Il gruppo Incipit presso l’Accademia della Crusca appoggia questa naturale soluzione, adottata spontaneamente da molti operatori della comunicazione.

Ricordiamo che il gruppo Incipit si occupa di esaminare e valutare neologismi e forestierismi ‘incipienti’, scelti tra quelli impiegati nel campo della vita civile e sociale, nella fase in cui si affacciano alla lingua italiana, al fine di proporre eventuali sostituenti italiani. Incipit è costituito da Michele Cortelazzo, Paolo D’Achille, Valeria Della Valle, Jean-Luc Egger, Claudio Giovanardi, Claudio Marazzini, Alessio Petralli, Luca Serianni, Annamaria Testa.

 

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One thought on “Revenge porn?!? Ma scherziamo? Si dica pornovendetta

  1. Anonymous

    Negli ultimi otto anni c’è stato l’aumento del 773% dell’uso delle parole anglosassoni.
    Era il 1956 “TU VUO’ FA’ L’AMERICANO” quando Renato Carusone irrideva il processo di americanizzazione che si stava diffondendo nell’Italia del dopo guerra, attraverso, appunto, gli anglicismi.
    I nostri politici, che dovrebbero essere difensori irriducibili nella difesa della lingua, sono i primi a snobbarla.
    Esempi lampanti sono “jobs act” e la “Stepchild adoption” di Matteo Renzi.
    A primo acchito potrebbero sembrare riforme attribuibili al Congresso Americano o al Parlamento Inglese.
    Nel 2015, il Ministero dei beni culturali creò il portale turistico di Expo Italia, chiamandolo “Verybello.it”.
    Il logo relazionale del Sindaco Marino per Roma capitale fu “Rome And You” al posto dello storico “Spqr”.
    “Fu vuò fà l’Americano”, che sembrava una canzonetta sarcastica si è rivelata profetica.
    Difendere la nostra identità è un dovere.
    L’uomo si è sempre definito facendo riferimento alle cose che per lui hanno maggior significato.
    Si autodefinisce in termini di progenie, religione, lingua, storia, valori e istituzioni.
    Viva Dante, Viva la lingua Italiana.
    Babalenna

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