Un uomo. Un uomo onesto: Silvio Imparato

Si dice che il bilancio di una vita si misuri dal ricordo che lascia. Se ancora oggi, a distanza di cinquanta anni, il suo ricordo nelle persone è molto nitido, vorrà dire che ha speso bene i suoi 46 anni. Non si è risparmiato Silvio Imparato nato nel 1925 e morto nel 1971: quarantasei anni vissuti appieno, i suoi. E se non abbiamo potuto beneficiare di una più lunga esistenza con noi, possiamo almeno provare a far tesoro di ciò che ha lasciato. Amava la vita. Dai racconti di chi lo ha conosciuto, traspare come ciò che più lo caratterizzasse fosse l’entusiasmo e la positività riversati nelle sue idee, che si trasformavano in azioni propositive. Ecco perché il suo nome ancora torna. Amministratore ed insegnante, i suoi ruoli svolti, nella ferma convinzione di dover essere “servizio”.

Racconta un suo alunno «Aveva la capacità di trasformare tutto in una fiaba: con lui, era un continuo gioco di fantasia. Ogni mattina, appena lo sentivamo arrivare con il suo Malaguti, ciascuno di noi correva a prendere un pezzo di legno per poi accendere il fuoco. Mi ha trasmesso l’amore per il creato; spesso, quando il tempo lo permetteva, ci portava a fare lezione all’aperto: un albero, una foglia, il sole, tutto diventava materia di studio. Con lui stavamo bene».

La “scuola di Don Milani” era la sua idea di scuola, accogliente ma rigorosa. L’esperienza vissuta da una sua nipote, a lui tanto cara, lascia ben comprendere che tipo di insegnante fosse e quanto avesse a cuore la preparazione dei suoi alunni: «Ero orgogliosa la mattina a scuola, poiché vi arrivavo con il mio maestro, aggrappata a lui che mi passava a prendere con la sua moto rossa. È un ricordo indelebile: mi stringevo forte forte a lui, mi tenevo aggrappata alla sua giacca. Poi un Inverno mi ammalai, il morbillo mi costrinse a fare molte assenze. Mi bocciò. Disse a mia mamma – sua sorella – che non avrei recuperato bene, perché era troppo importante il programma svolto quell’anno e che per questo era necessario che lo frequentassi come si conveniva».

Amare la vita e credere nelle persone, nelle loro potenzialità, ed aiutarle laddove queste si sarebbero perse: questo, il suo insegnamento.

Non so quante e quante volte ho sentito «Se non c’era zi’ Silvio!!! Certamente non sarei mai diventata maestra. Fu lui che si oppose con tutte le sue forze a mia mamma ed alla sua idea di non volermi lasciare andare a scuola. C’erano mille difficoltà, ma lui non le vedeva: sapeva solo che io ce l’avrei fatta, ed aveva ragione. Mi guidò per tutti i cinque anni di magistrale e fu lui che mi accompagnò al concorso, che poi vinsi. Nell’attesa del risultato, mi portò al cinema a vedere “I sette peccati capitali”: non doveva essere sprecato neppure un attimo. Stare con lui mi faceva stare bene. Quando mi sposai mi accompagnò all’altare; la sua salute era già precaria e non poté rimanere, tant’è che dopo la messa andò via. Disse che si stava sentendo male per la gioia: mi fece sentire ancora una volta al centro delle sue attenzioni».

Riguardo alla sua carriera politica ed al suo ruolo di amministratore, mi limiterò a pochi accenni, giacché ci sarebbe davvero troppo da raccontare: basti solo pensare che, nel giorno del suo funerale i gonfaloni dei paesi limitrofi, dalla sua abitazione giungevano in fila fino o a piazza Monumento. La strada che conduce al Santuario e l’edificio scolastico costituiscono un esempio delle opere che un buon amministratore deve compiere, giacché chi viene eletto dovrebbe tenere sempre la barra dritta e perseguire come unico scopo l’amministrare onestamente. Niente di eccezionale, se non il renderlo tale.

All’età di 24 anni, nel 1949, aderì alla Democrazia Cristiana. Nel 1956, durante la prima amministrazione democristiana del dopoguerra, fu consigliere comunale di maggioranza, e capo dell’opposizione nel Consiglio Comunale di Carinola dal 1960 al 1964.

Nel corso di tale periodo, oltre al peso della sua esperienza politico-amministrativa, fece sentire il mordente dei suoi numerosi interventi nel civico consesso.

Quando, nel 1964, la Democrazia Cristiana riconquistò il Comune di Carinola ebbe la nomina ad assessore ai lavori pubblici. Venne eletto Sindaco il 31 luglio 1970 (lo fu sino alla morte avvenuta nemmeno un anno dopo, ndr), con nr. 11 voti favorevoli sui 15 Consiglieri presenti. La sua Giunta era cosi composta: Di Caprio Francesco Saverio – FiorilloTommaso – Verrengia Luigi – Ceraldi Tommaso.

Il “Mattino” del 5 agosto 1970 titolava: “Insediamento al Comune di Carinola : Giunta di centrosinistra , Imparato eletto sindaco”. Nell’articolo si legge:

 “Sono unanimemente riconosciute le sue doti di probità, di onestà e di rettitudine. La sua nomina a Sindaco premia una carriera spesa al servizio dell’elettorato e del suo partito ed è stata accolta con entusiastici consensi e manifestazioni di giubilo.”

Il suo buon cuore e l’umanità che profondeva nelle sue iniziative lo hanno reso uno dei migliori amministratori che Carinola abbia mai avuto. In un articolo di un quotidiano dell’epoca si può leggere “Aveva desiderato essere Sindaco di Carinola, non per vana ambizione, ma per estrinsecare meglio il bisogno dell’anima sua di far del bene.” Il titolo dell’articolo era “Silvio Imparato, Sindaco di Carinola: un uomo che credeva nella forza della bontà”    

Uomo di riferimento sul territorio dell’allora Ministro Giacinto Bosco che lo defìnì: “Come un esempio da seguire per la correttezza politica e per la completa dedizione al bene comune”. Il Senatore Bosco, già professore di Diritto Internazionale all’Università di Roma e di Firenze e poi Preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Ubino, divenne figura di spicco dello scenario politico italiano ricoprendo importati incarichi. Tra gli anni 1953 e 1972 lo troviamo in capo dei seguenti Ministeri: Difesa – Grazia e Giustizia – Finanze – Pubblica Istruzione – Poste e Telecomunicazioni. Numerosi e frequenti erano i contatti tra il Senatore Bosco e Silvio Imparato che aveva evidentemente intuito quanto fosse importate e proficuo, per la crescita del suo territorio, avere collegamenti con le diverse istituzioni.

Che tradotto in altri termini si potrebbe dire: “Chiamava zì’ Rolando e partiva per Roma”. Gli aneddoti raccontatomi dal suo amico-uomo di fiducia, Rolando, sono innumerevoli: dallo scambio – da parte di una persona che era in loro compagnia – dell’ascensorista, in livrea, del Palazzo dell’Eur – sede dell’allora  Ministero delle Poste e Telecomunicazioni – per un improbabile Generale di un altrettanto improbabile Esercito; alle visite, con la tavola sempre apparecchiata, a casa del cognato Paolo, a cui era particolarmente legato.

Di questi viaggi, di questo periodo, si potrebbe scrivere un intero capitolo. Ha il sapore della politica, quella della passione, dell’entusiasmo e della condivisione.  Rolando non racconta del Sindaco, dell’Amministratore, racconta di “loro”. Di quei semplici cittadini, avocati alla politica, con i quali Silvio Imparato aveva formato una vera squadra. Caratterizzante nei loro rapporti era la lealtà; avrebbero potuto conquistare il mondo.-         

E in famiglia? Era uguale. Se si ama, si ama sempre e si ama tutti. Se c’era qualcosa che lo caratterizzava, nel suo ruolo di papà e di marito, era il desiderio di condivisione, un desiderio non proprio comune nell’uomo-tipo-casalese- di allora, come di adesso – ma che in ogni epoca fa sì che l’”io” diventi “noi” e quindi “famiglia”. Al mattino presto, con l’entusiasmo di un bambino, è capitato che svegliasse i figli per raccontare loro dell’incontro di pugilato che si era tenuto la notte precedente, per condividere con essi la sua gioia agli albori del nuovo giorno. La moglie diceva sempre che lei aveva una nemica in casa, ovvero la politica, e lui ne era consapevole. Uscire, donarsi, interessarsi a ciò che ci accade intorno sottrae inevitabilmente tempo alla famiglia; e sarà stato, forse, per farsi perdonare che regalò alla sua amata Amelia una rosa “baccara”, una rarità per l’epoca. Quella pianta vive ancora, custodita con amore, nel giardino della sorella.

Non perdiamo la memoria di persone come lui, ci aiuterà ad essere migliori.       

Argene Merola

3 thoughts on “Un uomo. Un uomo onesto: Silvio Imparato

  1. Domenico

    Come si può commentare questo scritto, di un uomo, di un signore che della sua vita era impostata nella rettitudine. Non io ma noi.

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  2. Giovanni Aurilio

    Grazie Argene.
    Silvio è ancora vivo per me,come lo era nelle interminabili passeggiate per Casale e visite a Campoola.
    Crescevamo insieme e discutevamo di soggetti reali e fantastici e trovavamo soluzioni coerenti.
    Come dice il Poeta” Non muore chi lascia eredita’ di affetti”

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