Cechov suite – Recensione 

Il secondo spettacolo del festival Teatri d’anima, Cechov suite, si è svolto sabato 23 gennaio, presso il teatro parrocchiale di Pignataro.

Sebastiano Cappiello e Daniele Mattera, hanno rappresentato, con brio e originalità, quattro brani del novelliere e drammaturgo Antòn Čèchov: Lo specchio deformante; Il fratellino; le due versioni (1886 e 1903) della scena-monologo I danni del tabacco. Vivace e interessante è stato anche il dibattito con gli spettatori, alla fine dello spettacolo.

Elementi caratteristici della rappresentazione sono stati: uno specchio deformante, in grado di catturare la falsità e trasformarla in verità; due maschere ironiche, talvolta inquietanti, sul volto degli attori, a rappresentare una fuga dalla realtà e, nello stesso tempo, un’audace affermazione di libertà. Sul palcoscenico, infatti, si possono rappresentare ed esorcizzare aspetti dell’animo umano che difficilmente affiorano nella vita reale. In genere ognuno di noi vive e agisce sotto i riflettori degli occhi della gente, cercando quanto più possibile di non deludere le aspettative altrui. Ciò comporta spesso una limitazione della propria libertà e, nel peggiore dei casi, l’assunzione di un atteggiamento ipocrita, denunciato apertamente dallo scrittore russo. Per tutta la vita ricerchiamo maschere per nascondere quello che siamo. Ma a volte, guardandoci allo specchio, i nostri occhi ci interrogano e suscitano in noi  queste domande: Chi sono? dove vado? cosa voglio? La vita, in fondo, serve anche a trovare risposte plausibili a questi interrogativi.

Gli attori, col sottofondo di brani musicali della tradizione russa, hanno utilizzato anche il mimo e passi di danza, oltre alle tradizionali forme di recitazione, mostrando la varietà dei mezzi che il palcoscenico può offrire per veicolare un messaggio, trasmettere un’emozione. La stessa luce che, riflessa dallo specchio ricurvo, raggiungeva il volto degli spettatori, produceva un effetto misterioso. Così, le maschere e i guanti bianchi indossati sulla scena rievocavano i vari stratagemmi utilizzati dall’uomo per nascondere la sua vera natura. E i piedi nudi di uno dei due attori alludevano forse a quella parte più vera di noi, che nonostante i nostri tentativi di camuffarla, viene prima o poi fuori? Chissà…

Antòn Čèchov, come è stato ben evidenziato nella presentazione di don Vitaliano Mandara, è autore della reticenza, che va interpretato e compreso nelle cose dette, ma anche in quelle non dette.

Fra battute ironiche e dal tono grottesco, non sono mancate, infine, immagini poetiche, come quella evocata dal professore, il vecchio pagliaccio, che, mettendo in guardia dai rischi del tabacco, tra un colpo di tosse e l’altro, ha detto: «Vorrei andarmene lontano, a guardare la luna, dimenticando tutto, tranne che la pace».

Carmen Melese

 

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Prossimo spettacolo: Piccole donne, adattamento e regia di Ferdinando Smaldone.

20 febbraio 2016, ore 20.00

Teatro parrocchiale di Vairano Scalo

 

 

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