Tra lume e lustro: ricordo di sapori antichi

Era ancora buio quando aprii la porta di casa, facendo attenzione a provocare il meno baccano possibile per permettere ai miei di sfruttare col riposo quelle altre due o tre ore prima che la giornata, che si annunciava fredda, bella ma fredda, cominciasse con il suo quotidiano tran tran. Io per esempio sarei andato a scuola visto, che frequentavo la terza elementare, nell’Edificio scolastico a 100 metri da casa.

In verità non era ancora buio. Le tenebre erano predominanti sì, ma, riluttanti, stavano per far posto alle prime luci dell’alba. Insomma si era prevalentemente in penombra, ma in quell’ora ancora crepuscolare stava per esplodere il giorno, in quel momento bellissimo poco prima dell’alba. Del resto l’appuntamento nella sua approssimazione era stato oltremodo preciso: «Quannu sta pe fa iuornu, prima che se rompe l’alba, viè!».

Di solito attraversare la strada era un esercizio semplicissimo anche per un bambino: dopo aver prestato la dovuta attenzione, bastava guardare su e giù, e mentre lo facevi sembrava di avere i genitori alle spalle che, prodighi di quei consigli che aiutano a crescere, ti ricordavano «Fai attenzione! Fai attenzione!». In quel momento, però, guardare su e giù era una stringente necessità perché, nonostante l’ora, passavano molti mezzi, auto, trattori, lambrette, chi per andare alla stazione ferroviaria per il treno, chi per prendere l’autobus per recarsi al lavoro, chi per andare in campagna per impegni o per passatempo: c’era comunque un po’ cui stare attenti.

La mia destinazione era vicinissima, una casa quasi a metà strada tra la mia e la Scuola, una delle più antiche magioni, se non addirittura la più antica, della mia zona: era già da anni che la frequentavo e sicuramente era quella che conoscevo meglio, anche più di quelle dei miei coetanei, ed ormai quello era un appuntamento fisso di quel periodo.

Stavo per fare colazione “all’antica”: pane di casa, pancetta (ma detta alla casalese, ventresca, suona tuttora meglio e pare anche più invitante!), del maiale macellato in casa pochi mesi prima, amorevolmente preparata, conservata e arrostita sulla griglia del grande caminetto padronale di casa: ovviamente solo il vino, rigorosamente fatto in casa, era vietato a un bambino come me, ma per gli altri commensali le libagioni errano normali e gustose.

 

L’ambiente domestico di una volta

 

Non volevo mancare alla fase di preparazione: non lo facevo certo io ovvio, però vedere quelle belle fette di lardo, non quasi trasparenti come si taglia nei negozi, abbondantemente venato di carne magra, e sentire lo sfrigolio del grasso che cola sulla brace o lo stridio dei carboni ardenti che, quasi come se fossero stati feriti, venivano colpiti da quelle gocce di “miele” fuso, ti faceva venire l’acquolina in bocca e ti disponeva nel migliore dei modi alla fragrante “scioglievolezza” che di lì a poco avrebbe inondato il palato di ognuno di noi. Altro che aperitivo!

Un vero e proprio pranzo all’alba non era la cosa più dietetica e salutare per l’organismo, che probabilmente stava ululando per protesta mentre la nostra bocca si deliziava, ma vi garantisco che, anche se era croccante, la ventresca per dare il meglio di sé deve essere quasi bruciacchiata, la calda effusione di quel sapore credo di non averla assaggiata più!

L’ho definito “pranzo”, ma in verità non è che avesse più portate, anzi solo un piatto costituiva quella colazione che qualcuno, fissato con il modernismo, potrebbe definire “all’inglese” anche se in realtà poco aveva d’inglese vista l’unica portata di pancetta e visto che quest’ultima è solo simile al bacon, suo elemento principe: no, non era una colazione all’inglese, ma era del tutto nostrana, penso anzi che gli inglesi non abbiano inventato nulla. Di certo non hanno inventato le varie fasi di una preparazione che risale a mesi prima, anzi a secoli prima visto che si ripete sempre uguale a sé stessa, il rosso del fuoco che forniva una tipica atmosfera familiare, e soprattutto non hanno certo il copyright su quel profumo… ah, quel profumo, il modo migliore per cominciare la giornata.

La giornata poteva iniziare: la scuola, il lavoro, tutto era più dolce dopo quel vero e proprio rito. Erano anni che andava così, e in quelli a seguire sarebbe stato lo stesso.

PROSIT!

Lascia un commento